Nutrizionista Dott. Andrea Del Seppia

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La gravidanza tra mente e corpo

Pregnancy wholefood well being

Uno stile di vita sano e un giusto approccio psicologico sono di fondamentale importanza per gestire al meglio un momento di forti emozioni e grandi cambiamenti come quello della gravidanza.

Intervista di Misura al Dott. Andrea Del Seppia

Approfondiamo l’argomento con il nostro nutrizionista, Dott. Andrea Del Seppia.

Numerose sono ormai le evidenze per cui fattori ambientali, genetici e comportamentali possono contribuire a una migliore preparazione della donna alla gravidanza e a una migliore gestione dei mesi che verranno in seguito. Ad esempio, è molto importante evitare uno stile di vita sedentario e una dieta sbilanciata dal punto di vista nutrizionale: entrambi questi atteggiamenti possono infatti comportare un aumento incontrollato di peso che a sua volta può avere effetti dannosi sul nascituro e sulla madre stessa, sia da un punto di vista fisico che psicologico.

Parlando di alimentazione, risulta fondamentale l’apporto di frutta, verdura, legumi e cereali integrali che grazie alla fibra che contengono favoriscono il benessere intestinale e permettono un maggiore controllo della glicemia. La fibra, infatti, contribuisce a migliorare il fenomeno di stitichezza che spesso si presenta nel corso della gravidanza, favorisce il senso di sazietà, con un conseguente miglior controllo del peso, e riduce l’assorbimento degli zuccheri ingeriti, limitando i picchi glicemici e di conseguenza la possibilità di sviluppare diabete gestazionale. Per il benessere del feto è importante limitare grassi, fritti e bevande gassate o zuccherine, mantenendo un elevato apporto di acqua per favorire la formazione del liquido amniotico.

Anche secondo il Ministero della Salute, la donna che segue un’alimentazione varia, mantenendo un ottimale apporto di alimenti quali frutta, verdura e legumi, copre tutti i fabbisogni di vitamine senza ricorrere a particolari supplementazioni, tranne per l’acido folico. Lo stesso si può affermare anche per i minerali, facendo particolare attenzione al fabbisogno in calcio, ferro e iodio. È necessario tenere presente che i fabbisogni energetici, di macro e micronutrienti, e di conseguenza l’appetito, subiscono un aumento fisiologico durante tutto il corso della gravidanza per permettere il corretto sviluppo del feto e dei tessuti materni. Questo si traduce in un aumento di peso variabile a seconda del trimestre considerato: secondo il Ministero della Salute, nei mesi successivi al primo trimestre, dove l’aumento di peso non è significativo (circa 1 Kg), può arrivare fino a 1/2 Kg a settimana.

Gli aumentati fabbisogni possono essere ricoperti in maniera bilanciata mantenendo un corretto equilibrio tra carboidrati, grassi e proteine nei quantitativi raccomandati dalle linee guida nutrizionali. Ogni dieta andrà comunque adattata a ogni singola mamma, tenendo conto caso per caso dei fabbisogni nutrizionali. Si ricorda l’importanza di farsi seguire sempre da uno specialista del settore che possa adattare tutti i nutrienti alla dieta della singola mamma, evitando così eventuali carenze.

Per non perdere di vista se stesse e il proprio benessere, il mio consiglio alle future mamme è di accompagnare la dieta bilanciata a un costante esercizio fisico praticando attività leggere e rilassanti da svolgere per esempio in acqua, o anche esercizi di pilates, yoga e camminate all’aria aperta. È ormai riconosciuto, infatti, che il movimento svolga un ruolo importante per mantenere una buona salute sia fisica che mentale, infatti, oltre a rilasciare endorfine, conosciute come “ormoni della felicità”, l’esercizio fisico aiuta anche la donna a riprendere il giusto peso dopo la gravidanza. Non vanno comunque dimenticate attività rilassanti come leggere, riposare e ascoltare della buona musica che stimola la felicità della mamma e conseguentemente anche quella del feto.

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Sotto lo stesso cielo

Sotto lo stesso cielo - Nutrizionista Andrea Del Seppia

Video di Misura, a cura del Dott. Andrea Del Seppia

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Le farine e la loro raffinazione

Le farine e la loro raffinazione

Video di Misura, a cura del Dott. Andrea Del Seppia

Il Nutrizionista Dott. Andrea Del Seppia, ci porta nel mondo delle differenti tipologie e raffinazioni delle farine. Quali scegliere e perché?

Per capire come scegliere le farine è importante capire come è fatto un cereale: i chicchi di frumento, avena, orzo e segale - per citarne alcuni - prendono il nome di cariosside. La cariosside è formata da tre parti principali: l’endosperma, ovvero la zona più interna ricca di amido, la crusca, cioè il rivestimento esterno, e il cosiddetto germe, ossia l’embrione che darà origine ad una nuova pianta.

Crusca e germe sono le parti più preziose poiché contengono fibra, proteine, micronutrienti essenziali come minerali e vitamine ed inoltre nel germe sono presenti anche un po’ di grassi insaturi.
Per ottenere le farine i chicchi dei cereali sono sottoposti ad un processo di macinazione e di setacciatura che, nel caso della farina 00 (cosiddetta “raffinata”, ovvero quella più setacciata) elimina i residui di fibra.

La farina integrale, invece, non viene setacciata e mantiene tutte le parti del chicco macinato, conservando quindi il germe e il rivestimento esterno del chicco: di conseguenza le farine integrali risultano migliori perché garantiscono l’apporto dei micronutrienti citati, oltre ad essere più sazianti grazie al contenuto di fibra, la quale ci garantisce anche una migliore gestione degli amidi.
È importante che un prodotto da forno (pane o alternative come i crackers) sia realizzato con vera farina integrale e non con farina 00 con aggiunta di un po’ di crusca.

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Quali sono i cereali antichi e perché ultimamente ne sentiamo parlare così tanto…

Quali sono i cereali antichi e perché ultimamente ne sentiamo parlare così tanto…

Senatore Cappelli, Timilia, Perciasacchi, Gentil Rosso, Verna: questi sono solo alcuni dei nomi delle più note varietà di “grani antichi” che di recente si sono riaffacciati sul panorama della panificazione e della molitura.

Intervista di Misura al Dott. Andrea Del Seppia

Approfondiamo l’argomento con il nostro nutrizionista, Dott. Andrea Del Seppia.

Dott. Del Seppia approfondiamo l’argomento dei cereali antichi…

Il termine “grani antichi” viene utilizzato per distinguerli da quelli più moderni, i quali sono stati ottenuti tramite l’ausilio di tecniche di selezione artificiale, utilizzate a partire dai primi decenni del Novecento per cercare di ottenere delle varietà di colture con una resa più alta. Da quando esiste l’agricoltura, l’uomo ha sempre operato una selezione sulle sue coltivazioni per scegliere quelle migliori, ma tra gli anni Venti e Quaranta del secolo scorso, abbiamo assistito a un’intensificazione dell’utilizzo di ibridazioni e d’incroci genetici che hanno dato origine, dopo decenni di sperimentazioni, al grano tenero e al grano duro che consumiamo oggi. I grani antichi – anche se non esiste una definizione agronomica ben delineata – sono quelli che venivano consumati prima che venissero operate queste selezioni in maniera massiccia.

Quali sono le loro caratteristiche e perché dovremmo introdurli nella nostra alimentazione?

Questi cereali possiedono un fusto più alto rispetto al frumento moderno: un fusto più lungo li sottopone maggiormente al rischio di essere danneggiati dalle intemperie e ne determina un rendimento inferiore. Sebbene abbiano un costo più elevato dovuto alla loro minore resa, le varietà antiche esprimono una maggiore biodiversità, al contrario dei grani moderni che sono molto standardizzati nelle loro caratteristiche e nel loro sapore. È proprio questo il primo motivo per cui sarebbe importante introdurre nella propria alimentazione qualche derivato ottenuto da farine di frumenti diversi da quelli più diffusi: la varietà delle scelte alimentari è alla base di un’alimentazione equilibrata e preservare la biodiversità è vantaggioso non solo per noi ma anche per l’ambiente che ci ospita.

Questi cereali potrebbero essere più adatti dei moderni a crescere in determinate condizioni climatiche, anche in luoghi in cui, per motivi pratici, l’agricoltura intensiva e meccanizzata non è attuabile. Inoltre, comprare grani tipici della propria zona aiuta a ridurre la filiera alimentare: una filiera corta, con pochi passaggi tra il produttore e il consumatore, determina un minor impatto ambientale; per di più, le modalità di coltivazione non intensive comportano un minore inquinamento a carico del suolo e delle falde acquifere. I grani antichi non crescono in colture intensive e quindi non implicano l’utilizzo altrettanto “intensivo” (seppur a norma di legge) di concimi azotati e di pesticidi: di conseguenza, sostituire qualche volta i farinacei di grano moderno con quelli di grani più antichi aiuta a ridurre l’introito alimentare di xenobiotici, ovvero di sostanze estranee rispetto a quelle che normalmente compongono gli alimenti.

 

E dal punto di vista nutrizionale?

Dal punto di vista nutrizionale le vecchie varietà sembrerebbero essere più digeribili e meno infiammatorie rispetto a quelle più diffuse, in particolare nel caso di soggetti più sensibili a livello intestinale; ad ogni modo, sono necessari studi scientifici più solidi per poterlo affermare con maggiore certezza. Per quanto concerne il contenuto di glutine, i risultati nella letteratura scientifica sono controversi: quello che sappiamo è che contengono questa proteina in quantità paragonabili a quelle dei colleghi di selezione più recente, ma la rete glutinica è qualitativamente diversa rispetto a quella che si forma lavorando le farine moderne.

Cereali antichi

Quali sono, nello specifico, i cereali antichi?

Il grano coltivato di più antica origine è rappresentato dal farro monococco (Triticum monococcum): consumato in Medio Oriente circa diecimila anni fa, è stato il primo della famiglia delle Poaceae (Graminacee) ad essere oggetto di domesticazione: non si tratta, quindi, di una specie selvatica. Si caratterizza per spighe piccole contenenti un unico chicco; in tempi più moderni il suo ruolo come fonte alimentare è diventato sempre più marginale per lasciare spazio ad altri cereali. Uno di questi è il farro dicocco (i), che possiede una spiga con due chicchi.

Anche il dicocco è stato una delle prime Poaceae di interesse agricolo ed è tutt’ora consumato (è il farro comunemente detto, la cui farina integrale dà origine a prodotti con un ottimo contenuto di fibra). In seguito, il genoma del farro dicocco si è fuso con quello di un’altra graminacea selvatica e ha originato il farro spelta (Triticum spelta), molto simile all’attuale grano tenero (Triticum aestivum), il quale è nato, invece, dall’ibridazione di una tipologia di grano duro (Triticum durum) con un’altra specie selvatica. Attualmente, dal grano duro si ricavano delle semole usate, ad esempio, nella produzione di pasta alimentare e di alcuni prodotti della panificazione (il Cappelli è proprio una varietà di grano duro), mentre la farina di grano tenero si usa prevalentemente per i comuni prodotti da forno.

 

In conclusione, le varietà che consumiamo sono state scelte per far fronte alle problematiche della fame o della mancata autosufficienza; ai tempi attuali, in cui è più saliente occuparsi della qualità della propria alimentazione (dacché non abbiamo problemi a reperire il cibo), può essere utile introdurre alcune varietà più antiche e “alternative”, premiando il lavoro di piccoli produttori che prestano attenzione all’intero processo di lavorazione. Non è, quindi, solo una questione di materia prima ma anche, ad esempio, di modalità di macinatura della farina e di temperatura di essicazione della pasta di semola. Usare grani diversi significa avere la possibilità di conferire differenti profumi ai nostri impasti: si tratta di peculiarità organolettiche che possono contraddistinguere molti alimenti alla base della nostra alimentazione.

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Il recupero post allenamento

Recupero post allenamento - Nutrizionista Andrea Del Seppia

Video di Misura, a cura del Dott. Andrea Del Seppia

Una corretta alimentazione post attività sportiva ha lo scopo di regalare efficienza all’importante fase di recupero che segue un allenamento o una gara intensa.
È sicuramente questo uno dei momenti fondamentali nella vita di ogni sportivo, per il quale risulta indispensabile ottimizzare i tempi di recupero allo scopo di:

  • Integrare liquidi e sali minerali
  • Recuperare le riserve energetiche
  • Riacquisire efficienza muscolare

Tutto questo dovrebbe avvenire NEL MINORE TEMPO POSSIBILE, preferibilmente entro 30 minuti dalla conclusione dell’esercizio fisico.
Solo così si può affrontare al meglio la successiva sessione di allenamento… E quello che serve, e che consiglio anche alla sciatrice Marta Bassino sempre impegnatissima in gare e in allenamenti, è il consumo di un alimento a base di zuccheri ad alto indice glicemico.

  • Un FRUTTO o un SUCCO MOLTO ZUCCHERINO
  • Ma anche un DOLCE, che per la sua composizione chimica entra più velocemente nel sangue.

E ricordate che più si tarda l’assunzione post attività fisica di uno zucchero semplice, più si ritarda la possibilità di recuperare efficientemente le scorte energetiche perse.

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